Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2012 del 17 gennaio 2003

ECLI:IT:CASS:2003:2012PEN

Massima

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Il diritto di cronaca giornalistica non può essere esercitato in modo da ledere ingiustificatamente la reputazione e l'onore di magistrati, attraverso la diffusione di notizie false o gravemente distorte, anche se finalizzate a criticare il sistema giudiziario e l'operato di determinati uffici o funzionari. La libertà di stampa e il diritto di critica trovano un limite nel rispetto della verità sostanziale dei fatti riportati e nella continenza espressiva, dovendo il giornalista astenersi da attacchi personali ingiustificati e da una rappresentazione palesemente faziosa e diffamatoria dell'attività professionale di magistrati, anche quando questa sia oggetto di dissenso o di contestazione. La violazione di tali limiti, con la diffusione di notizie false o gravemente distorte, idonee a ledere la reputazione e l'onore di magistrati, integra il reato di diffamazione aggravata, non potendo essere giustificata dall'intento di delegittimare il processo o di criticare il sistema giudiziario. Nell'individuazione della pena concreta, il giudice deve tenere conto non solo della gravità oggettiva della condotta diffamatoria, ma anche della sua valenza strumentale rispetto a finalità di più ampia portata, come la delegittimazione del processo quale luogo di accertamento dei fatti, ove tale finalità risulti dimostrata. Tuttavia, la motivazione della pena non può fondarsi esclusivamente su tale finalità, dovendo il giudice valutare tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., con particolare riferimento all'entità dell'offesa al bene giuridico protetto e alla posizione specifica della persona offesa.

Sentenza completa

FATTO E DIRITTO Per tre articoli pubblicati sul quotidiano "il Giornale" tra il 20 ed il 23 settembre 1995 (con i titoli "Veleno sul processo alla moda", "Così il Fisco spremeva gli stilisti" e "S. D. nella bufera") ed a seguito delle querele degli interessati sono stati imputati l'autore (P. A.) ed il direttore responsabile (Feltri Vittorio, per violazione delle previsioni di cui all'art. 57 c. p.) in relazione a reati di diffamazione pluriaggravata, contestati come commessi in danno di R. S. D. (presidente della Sezione penale del Tribunale di Milano) e di P. D. (sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano). Secondo le imputazioni contestate il primo articolo offese all'onore ed alla reputazione del S. D., rappresentandosi il magistrato, a margine dell'intervista rilasciata, come "giudice condizionato", già al "caso Epaminonda", che "potrebbe allinearsi con l'acc…

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