Il reato di tentata estorsione sussiste quando l'agente, attraverso minacce, persegue un ingiusto profitto, anche non di natura patrimoniale, che induce la vittima a rinunciare a un proprio diritto o interesse legittimo. L'effettiva idoneità intimidatoria delle minacce e il concreto verificarsi di un danno per la vittima sono elementi costitutivi del reato, la cui sussistenza può essere desunta anche dalla valutazione di attendibilità della persona offesa, senza necessità di riscontri esterni, purché la motivazione sia logica e completa. La desistenza volontaria è configurabile solo nella fase del tentativo incompiuto, prima che siano posti in essere gli atti idonei a produrre l'evento, circostanza che deve essere specificamente dedotta e provata dall'imputato. Il reato di tentata estorsione non può essere riqualificato in quello di minaccia o esercizio arbitrario delle proprie ragioni, quando l'agente persegue un ingiusto profitto, anche non patrimoniale, attraverso condotte intimidatorie idonee a incidere sulla libertà di autodeterminazione della vittima.