Il legale rappresentante di una società che prepara per la distribuzione al consumo prodotti alimentari con caratteristiche difformi da quelle dichiarate in etichetta commette il reato di cui all'art. 22 della Legge n. 281/1963, anche qualora non sia stata accertata la loro effettiva messa in vendita. La difformità tra i risultati delle analisi effettuate dall'autorità competente e le indicazioni riportate sull'etichettatura, in assenza di valide contestazioni da parte dell'imputato circa l'attendibilità delle metodiche e delle condizioni di analisi, integra la fattispecie di reato, indipendentemente dalla gravità del divario riscontrato. La pena irrogata dal giudice di merito, motivatamente determinata in relazione alla rilevanza della difformità e ai precedenti specifici dell'imputato, non può essere considerata manifestamente sproporzionata o illogica. L'inammissibilità del ricorso per cassazione, impedendo la costituzione del rapporto processuale di impugnazione, preclude la rilevazione e la dichiarazione della prescrizione maturata sia prima che dopo la sentenza impugnata, se non dedotta nel ricorso o rilevata nel giudizio di merito.