Il giudice è tenuto a esaminare in modo approfondito e motivato le specifiche circostanze di fatto allegate dal richiedente protezione internazionale, valutando con particolare attenzione la natura e le caratteristiche della confessione religiosa praticata, al fine di accertare la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria o della protezione umanitaria. La Corte di cassazione ha rilevato che la Corte di appello, nel rigettare il ricorso della richiedente protezione internazionale, non ha adeguatamente esaminato e motivato in merito ai fatti persecutori specificamente allegati dalla ricorrente, connessi alla sua adesione alla confessione religiosa della Chiesa di Dio Onnipotente, né ha valutato la natura e le caratteristiche di tale culto, considerato "maligno" e pertanto oggetto di repressione da parte delle autorità cinesi. La mancata disamina di tali elementi essenziali, unitamente all'erronea lettura del report allegato, che invece classificava la Chiesa di Dio Onnipotente tra i culti vietati e penalmente repressi in Cina, ha determinato un vizio di motivazione della sentenza impugnata, che deve essere cassata e rinviata ad altra sezione della Corte di appello per un nuovo esame. Il giudice di merito, nel riesaminare la domanda di protezione internazionale, è tenuto a valutare in modo approfondito e puntuale le specifiche circostanze di fatto allegate dal richiedente, con particolare riguardo alla natura e alle caratteristiche della confessione religiosa praticata, al fine di accertare la sussistenza dei presupposti normativamente previsti per il riconoscimento delle diverse forme di protezione internazionale, motivando adeguatamente le proprie conclusioni.