Il gestore di un servizio di trasporto pubblico locale, in quanto soggetto terzo rispetto al rapporto di finanziamento pubblico tra il Comune e la Regione, non ha legittimazione processuale per contestare gli atti con cui la Regione esercita il potere di autotutela decisoria su tale rapporto di finanziamento, pur dovendo subire le conseguenze giuridiche di tali atti in quanto titolare di una posizione meramente derivata e di mero fatto rispetto alle vicende del presupposto rapporto di finanziamento. Infatti, solo il Comune, in quanto titolare delle competenze amministrative in materia di organizzazione e gestione del servizio di trasporto pubblico locale, è parte del contratto di servizio con il gestore e responsabile del pagamento dei corrispettivi, mentre la Regione è obbligata per legge alla copertura del costo della rete dei servizi minimi essenziali, senza che ciò comporti l'insorgere di un rapporto diretto tra la Regione e il gestore del servizio. Pertanto, in assenza di specifiche disposizioni di legge, l'unica fonte delle pretese patrimoniali del gestore è rappresentata dal contratto di servizio stipulato con il Comune, che per il principio di relatività degli effetti non produce effetti obbligatori nei confronti della Regione, precludendo alla parte contraente ogni diritto di azione nei confronti di quest'ultima.