Il magistrato, nell'esercizio delle proprie funzioni, è tenuto a un livello di correttezza e diligenza superiore rispetto al comune cittadino, dovendo mantenere una condotta irreprensibile che non pregiudichi l'immagine e la credibilità dell'ordine giudiziario. Pertanto, l'accertamento di condotte disciplinarmente rilevanti, anche se non penalmente sanzionate, può comportare l'irrogazione di sanzioni disciplinari, in considerazione dell'elevato standard di comportamento richiesto a un rappresentante dell'autorità giudiziaria. La valutazione della responsabilità disciplinare deve essere effettuata sulla base di un complessivo apprezzamento degli elementi probatori, senza che la mancanza o l'imprecisione di singoli riscontri possa inficiare la conclusione raggiunta, purché questa risulti sorretta da una motivazione logica e coerente. Il giudice disciplinare gode di ampia discrezionalità nell'accertamento dei fatti e nella determinazione della sanzione, sindacabile in sede di legittimità solo per vizi logici o giuridici macroscopici.