Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 26150 del 23 giugno 2009

ECLI:IT:CASS:2009:26150PEN

Massima

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Il reato di calunnia sussiste quando, in assenza di riscontri oggettivi, gli imputati formulano false accuse nei confronti di una persona, attribuendole falsamente condotte penalmente rilevanti, senza che le dichiarazioni rese da altri testimoni presenti ai fatti confermino tali addebiti. In tali casi, la valutazione di attendibilità e credibilità delle diverse versioni fornite dagli imputati e dai testi, effettuata dai giudici di merito sulla base di un complessivo apprezzamento delle risultanze processuali, non può essere sindacata in sede di legittimità, se non per vizi logici o contraddittorietà manifeste della motivazione, non ravvisabili nella specie. Pertanto, la condanna per il reato di calunnia è legittima quando la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, fondata sull'attendibilità delle dichiarazioni testimoniali che escludono la condotta attribuita all'imputato, appare sorretta da una motivazione adeguata e immune da vizi logici.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LATTANZI Giorgio - Presidente

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Consigliere

Dott. CONTI Giovanni - Consigliere

Dott. CARCANO Domenico - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Sa. Ma. , nato a (OMESSO);

avverso la sentenza del 3 maggio 2005 emessa dalla Corte d'appello di Firenze;

visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;

sentita la relazione fatta dal consigliere Dott. FIDELBO Giorgio;

udito il Sostituto Procuratore generale, Dott. SELVAGGI Eugenio, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;

udito, per la parte civile, l'avvocato LUCATTI Gian…

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