Il diniego del visto d'ingresso per lavoro subordinato stagionale è legittimo quando il richiedente non sia in grado di fornire all'amministrazione la prova delle condizioni che giustificano le finalità del soggiorno e dei presupposti dai quali si possa ragionevolmente ritenere l'interesse dello straniero a fare rientro nel Paese d'origine, così da scongiurare il rischio migratorio. In particolare, la mancata conoscenza, da parte del richiedente, di elementi fondamentali relativi al rapporto di lavoro e al soggiorno in Italia, nonché di una lingua idonea a rapportarsi con terzi nel luogo di destinazione, è indicativa della probabile fittizietà del rapporto di lavoro al cui svolgimento è finalizzata la richiesta di visto d'ingresso. In tali casi, il diniego del visto è legittimo anche in assenza di specifiche formalità documentali circa l'acquisizione di tali elementi, purché il provvedimento amministrativo ne dia adeguata motivazione. Inoltre, l'art. 21-octies, comma 2, della legge n. 241/1990 osta all'annullamento del diniego per vizi procedimentali, qualora risulti che il contenuto del provvedimento non sarebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.