La mancata o ritardata consegna dei lavori da parte dell'amministrazione committente in un appalto pubblico, pur integrando un inadempimento contrattuale, non legittima l'appaltatore a chiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento integrale dei danni, ma gli attribuisce soltanto la facoltà di recedere dal contratto, con diritto al rimborso delle spese sostenute per la stipulazione del contratto e per l'esecuzione dell'appalto, entro i limiti percentuali stabiliti dalla normativa speciale di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962, art. 10, comma 8. Tale disciplina derogatoria rispetto a quella codicistica dell'appalto privato, volta a tutelare l'interesse pubblico alla sollecita esecuzione dell'opera, non consente all'appaltatore di far valere la responsabilità contrattuale del committente per il ritardo, ma gli attribuisce soltanto il diritto di ottenere il ristoro delle spese effettivamente sostenute in vista dell'esecuzione del contratto, in caso di accoglimento della sua istanza di recesso. Pertanto, il giudice, nel decidere la controversia, è tenuto a inquadrare la fattispecie nella predetta disciplina speciale, senza poter applicare le norme generali sull'inadempimento contrattuale, anche qualora l'appaltatore abbia prospettato una diversa qualificazione giuridica dei fatti, essendo il potere-dovere di corretta qualificazione giuridica dei fatti dedotti in giudizio rimesso al giudice, in ossequio al principio "jura novit curia".