Il reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti di cui all'art. 74 del D.P.R. 309/1990 si configura quando vi sia un vincolo associativo stabile e duraturo tra più soggetti, finalizzato al compimento di una pluralità di condotte di acquisto, detenzione e cessione di stupefacenti, anche se in modiche quantità, in cui ciascun partecipe svolge un ruolo funzionale e complementare agli altri, in modo da realizzare un programma criminoso comune. L'accertamento della sussistenza di tale vincolo associativo non richiede necessariamente una struttura organizzativa complessa o articolata, essendo sufficiente che i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento sulla disponibilità degli altri a concorrere alla realizzazione del programma criminoso. Ai fini della configurabilità del reato associativo, non è ostativa la differenza dello scopo personale o dell'utile che i singoli partecipi si propongono, potendo essa sussistere anche nell'ipotesi in cui gli acquirenti che poi reimmettono le sostanze al consumo siano mossi dalla esclusiva finalità di assicurarsi una fonte di approvvigionamento stabile, costante e abitudinaria, mentre i venditori, mossi dall'intento di smerciare a fine di profitto la sostanza stupefacente, possano fare uno stabile affidamento sulla disponibilità all'acquisto da parte dei compratori, costituendo così un rapporto che va oltre il significato negoziale della singola operazione per costituire elemento di una struttura che facilita lo svolgimento dell'intera attività criminale. Inoltre, la qualifica di "organizzatore" dell'associazione spetta a colui che, in autonomia, cura il coordinamento e l'impiego delle strutture e delle risorse associative nonché reperisce i mezzi necessari alla realizzazione del programma criminoso, ponendo in essere un'attività che assume i caratteri dell'essenzialità e dell'infungibilità, senza che sia necessario che lo stesso soggetto sia anche investito di compiti di coordinamento e di direzione dell'attività di altri soggetti. Infine, il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nella valutazione delle circostanze attenuanti generiche, essendo sufficiente che egli dia conto di avere ritenuto l'assenza di elementi o circostanze positive a tale fine, senza necessità di un'analitica motivazione.