Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza può essere così formulato: La disciplina transitoria della nuova normativa sulla prescrizione dei reati, introdotta dalla Legge n. 251 del 2005, non consente l'applicazione retroattiva delle norme più favorevoli ai procedimenti già pendenti in grado di appello o di cassazione alla data di entrata in vigore della legge, in quanto la pronuncia della sentenza di primo grado, indipendentemente dall'esito di condanna o assoluzione, determina la pendenza in grado di appello del procedimento, con conseguente esclusione dell'operatività delle disposizioni transitorie più favorevoli. Tale interpretazione, avallata dalla giurisprudenza costituzionale, risponde all'esigenza di bilanciare il principio della retroattività della lex mitior con altri interessi di rilievo costituzionale, quali l'efficienza del processo e la salvaguardia dei diritti dei soggetti destinatari della funzione giurisdizionale, nonché gli interessi e le esigenze dell'intera collettività nazionale connessi a valori costituzionali primari. Pertanto, la Corte di Cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disciplina transitoria della prescrizione, in quanto l'articolo 49, comma 1, terzo periodo, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, a differenza dell'articolo 2, comma 4, c.p., ha un portato precettivo riferito alle sole norme incriminatrici in senso stretto, senza estendersi alle disposizioni che incidono sulla prescrizione del reato.