Il portico di un edificio privato, realizzato su suolo pubblico in base a una specifica disciplina urbanistica che impone una servitù di pubblico transito, è soggetto a tale vincolo di destinazione pubblica, indipendentemente dalla proprietà privata dell'immobile e dalla mancata menzione di tale servitù nei successivi titoli edilizi. L'occupazione di tale area con arredi e strutture che limitano il libero passaggio pubblico costituisce un abuso edilizio, legittimando l'amministrazione comunale ad adottare i provvedimenti di rimozione e di ingiunzione del pagamento degli oneri dovuti per l'occupazione, senza che sia necessaria una specifica motivazione in ordine all'interesse pubblico, essendo sufficiente il ripristino della legalità violata. La mancata manutenzione dell'area da parte del Comune non incide sulla natura pubblica del vincolo di destinazione, né determina la perdita di tale servitù per desuetudine, in assenza di prova della cessazione dell'uso pubblico. L'erronea rappresentazione della situazione giuridica dell'area, omettendo di indicare la servitù di pubblico transito, legittima l'amministrazione a esercitare il potere di autotutela anche oltre il termine ordinario di 18 mesi, in assenza di accertamento penale della condotta dolosa o gravemente colposa.