Il pubblico ufficiale che attesti falsamente la realizzazione di un'attività da lui non compiuta integra il reato di falsità ideologica in atto pubblico, salvo il caso in cui l'attività sia stata comunque posta in essere dall'agente, ancorché con irregolarità formali, non tali da inficiare la validità dell'avvio del procedimento amministrativo. Il giudice di merito, nel valutare la prova, può ritenere non configurabile il reato quando l'imputato abbia effettivamente consegnato la documentazione all'ufficio competente, ottenendone il numero di protocollo e versando i relativi diritti, anche se successivamente la pratica sia stata restituita per incompletezza, non essendo necessaria la perfetta regolarità formale dell'atto per escludere la falsità ideologica. Il controllo di legittimità della Corte di Cassazione sulla motivazione si limita a verificare la plausibilità e la compatibilità della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito con il senso comune e i limiti di una opinabile discrezionalità di apprezzamento, senza poter sostituire la propria valutazione a quella del giudice di appello.