La destinazione urbanistica di un'area non può essere modificata in modo irrazionale e privo di adeguata motivazione, in contrasto con le previsioni normative e con la reale vocazione e caratteristiche del territorio. Quando un'area è da sempre destinata ad attività estrattiva e di sfruttamento dei sottoprodotti, con la presenza di numerosi impianti produttivi, la sua qualificazione come zona agricola risulta erronea e in contrasto con l'art. 16 della L.R. n. 56/1980 e l'art. 10 della L. n. 1150/1942. La compatibilità dell'attività estrattiva con la destinazione agricola, pur se prevista in astratto dalle norme urbanistiche, deve essere valutata in concreto in relazione alle caratteristiche dell'area e alle previsioni degli strumenti urbanistici, al fine di assicurare il necessario coordinamento tra gli stessi. L'inclusione di un'area nei bacini di estrazione previsti dal Piano Regionale delle Attività Estrattive (P.R.A.E.) non è di per sé sufficiente a giustificare la destinazione agricola, se questa risulta in contrasto con la reale vocazione del territorio e con le precedenti previsioni urbanistiche. L'Amministrazione è tenuta a motivare adeguatamente le scelte di pianificazione urbanistica, evitando vizi di erronea presupposizione in fatto e di difetto di istruttoria.