Cassazione penale Sez. II sentenza n. 30598 del 19 luglio 2016

ECLI:IT:CASS:2016:30598PEN

Massima

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Il reato di estorsione si configura quando l'agente, consapevole dell'illiceità della propria pretesa creditoria, minaccia la vittima per ottenere indebitamente il pagamento di una somma di denaro, anche se tale pretesa sia fondata su un accordo illecito (pactum sceleris) che non avrebbe potuto essere azionato in sede giudiziaria. L'elemento soggettivo del reato è integrato dalla consapevolezza dell'agente circa l'illiceità della propria condotta, indipendentemente dalla ragionevolezza della sua opinione sulla sussistenza di un preteso diritto. Le minacce dell'agente, anche se non direttamente rivolte alla vittima, sono sufficienti a integrare l'elemento oggettivo del reato di estorsione, qualora siano idonee a coartare la volontà della persona offesa. La mancata specificità dei motivi di ricorso, che non tengono conto delle argomentazioni della sentenza impugnata, comporta l'inammissibilità del ricorso stesso.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GALLO Domenico - rel. Presidente

Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere

Dott. PARDO Ignazio - Consigliere

Dott. AIELLI Lucia - Consigliere

Dott. SGADARI Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2286/2013 della Corte d'appello di L'aquila, sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale, Dr. Cardia Delia, che ha concluso per l'inammissibilita' del ricorso;
udito per l'imputato, l'avv. (OMI…

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