La coltivazione di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, anche se realizzata per uso personale, integra una condotta penalmente rilevante, a prescindere dalla quantità di principio attivo presente o dalla destinazione d'uso della sostanza. Infatti, il reato di coltivazione di cannabis è un reato di pericolo, per il quale non rileva la concreta idoneità della sostanza a produrre effetti droganti, né la destinazione d'uso personale della stessa. Pertanto, la valutazione di inoffensività della condotta, basata sulla modesta entità della coltivazione o sulla finalità di uso personale, integra un'erronea applicazione della legge, in quanto tali circostanze non escludono la rilevanza penale del fatto. Il giudice, nel valutare la sussistenza del reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, deve pertanto prescindere dalla quantità di principio attivo presente o dalla destinazione d'uso della sostanza, essendo sufficiente l'accertamento dell'attività di coltivazione non autorizzata, a prescindere dalle sue concrete modalità e finalità.