La partecipazione ad un'associazione di stampo mafioso è un reato permanente, per cui la decorrenza della custodia cautelare non può essere retrodatata ai sensi dell'art. 297 comma 3 c.p.p. quando la nuova ordinanza cautelare riguardi la medesima contestazione di partecipazione al sodalizio, in quanto la condotta criminosa si protrae anche dopo l'emissione della precedente ordinanza. Ciò a meno che non vi siano elementi che dimostrino l'intervenuta cessazione della permanenza del reato associativo almeno alla data di emissione della prima ordinanza. Inoltre, la confessione e il risarcimento del danno per i singoli reati-fine non sono sufficienti a dimostrare l'allontanamento definitivo dell'indagato dal sodalizio mafioso, dovendosi valutare anche altri elementi come le intercettazioni che possano provare la prosecuzione dell'attività criminosa anche in carcere. La presunzione di adeguatezza della misura cautelare più grave di cui all'art. 275 comma 3 c.p.p. non è assoluta e può essere superata, ma nel caso di specie il Tribunale ha motivato adeguatamente sulla mancanza di elementi che dimostrino il venir meno delle esigenze cautelari.