Cassazione penale Sez. V sentenza n. 12919 del 5 aprile 2002

ECLI:IT:CASS:2002:12919PEN

Massima

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Il dolo nel reato di falsa attestazione al pubblico ufficiale non è escluso dalla mera sottoscrizione di una dichiarazione predisposta da un professionista, senza verificarne il contenuto, né dalla mancata comprensione del significato tecnico di un termine utilizzato, essendo sufficiente la consapevolezza di attestare il falso. Il giudice di legittimità non può riesaminare il merito del fatto, essendo precluso il nuovo giudizio di colpevolezza, e può solo verificare la legittimità della sentenza impugnata, dichiarandone l'inammissibilità ove il ricorso si risolva nella mera reiterazione di doglianze già disattese in appello, senza denunciare specifici vizi della motivazione. In tali casi, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma equitativamente determinata a titolo di sanzione pecuniaria.

Sentenza completa

RITENUTO
- che l'imputato ricorre avverso sentenza del giudice di appello, per la parte confermativa del giudizio di sua colpevolezza per il reato di cui all'art. 483 c.p., per falsa attestazione al pubblico ufficiale, nella dichiarazione sottoscritta ex art. 4 l.15/68, della data di ultimazione di opere edilizie;
- che il ricorso, lungi dal denunciare un qualsiasi vizio della sentenza riconducibile ad una delle ipotesi di cui all'art. 603 c.p.p. unicamente si risolve nella reiterazione della protesta di difetto del dolo, fondata sull'assunto di avere sottoscritto la dichiarazione, approntata dal professionista incaricato della procedura di sanatoria, senza verificarne il testo e, comunque, di incapacità di cogliere il significato tecnico del termine "completezza", sicché palesemente richiede al giudice di legittimità una non consentita rivisitazione del fatto ed un nuovo giudizio di merito notoriamente precluso nella presente sede di legittimità…

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