Il reato di prostituzione minorile di cui all'art. 600-bis, comma 2, c.p. punisce il "cliente" che compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i 14 e i 18 anni in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi. Tale fattispecie delittuosa tutela l'integrità psico-fisica del minore, il cui consenso è sempre considerato inesistente in ragione della sua condizione di vulnerabilità e incapacità di autodeterminazione. L'approfittamento della situazione di necessità del minore, pur non integrando un elemento costitutivo del reato, configura la circostanza aggravante di cui all'art. 602-ter, comma 4, c.p., in quanto condizione che favorisce la consumazione del reato e ne aumenta il disvalore. Inoltre, la circostanza aggravante di cui all'art. 602-ter, comma 5, c.p. si applica quando il fatto è commesso nei confronti di un minore di età infrasedicenne, a prescindere dalla consapevolezza del cliente circa l'età della vittima. Il giudice, nel valutare la concessione delle circostanze attenuanti generiche, non è tenuto ad un'analitica disamina di tutti gli elementi favorevoli dedotti dalla difesa, essendo sufficiente che motivi in modo congruo e logico il diniego sulla base degli elementi ritenuti rilevanti e decisivi, anche se utilizzati per determinare la pena base. Infine, la determinazione della pena, nel rispetto dei criteri di cui all'art. 133 c.p., rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.