Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La responsabilità penale per il reato di falsità ideologica in atti pubblici (artt. 468 e 476 c.p.) può essere attribuita anche al soggetto che, pur non avendo materialmente compiuto l'atto falso, rivesta una posizione formale di responsabilità nell'ambito dell'attività in cui si inserisce il fatto illecito, avendo il dovere di vigilare e controllare l'operato dei propri collaboratori. Ciò in quanto il ruolo ricoperto e l'attività concretamente svolta, anche se in misura non prevalente, possono integrare gli estremi della consapevolezza e del concorso morale nella commissione del reato, a prescindere dalla riferibilità temporale di specifiche condotte. La determinazione della pena, se non eccessivamente discostata dal minimo edittale, rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che non risulti manifestamente illogica o priva di adeguata motivazione.