La pubblica amministrazione può esercitare il potere di annullamento d'ufficio di atti amministrativi illegittimi, anche in presenza di un affidamento ingenerato nel privato beneficiario, qualora sussista un concreto e attuale interesse pubblico che giustifichi la rimozione dell'atto, prevalente sull'interesse del privato alla conservazione degli effetti dell'atto illegittimo. Tale potere di autotutela può essere esercitato anche in assenza di una specifica previsione nell'atto concessorio, in quanto correlato alla sussistenza di un interesse pubblico prevalente, non disponibile dalla pubblica amministrazione. L'esercizio del potere di autotutela è legittimo anche quando l'atto annullato sia stato adottato in violazione di norme di legge, quali l'art. 12 della legge n. 241 del 1990 che impone la predeterminazione e pubblicazione dei criteri per la concessione di contributi, sovvenzioni o sussidi, ovvero quando l'atto sia stato adottato da un organo incompetente, come la Giunta regionale anziché i dirigenti competenti per materia. In tali ipotesi, l'interesse pubblico concreto e attuale che giustifica l'esercizio del potere di autotutela può essere ravvisato nella necessità di porre rimedio a una scorretta spendita di denaro pubblico, anche in assenza di un consolidato affidamento del privato beneficiario, ove l'erogazione abbia riguardato solo una parte dei contributi concessi.