Cassazione penale Sez. I sentenza n. 4486 del 23 luglio 1997

ECLI:IT:CASS:1997:4486PEN

Massima

Massima ufficiale
Il giudice competente a pronunciarsi sulla revoca (o sull`appello) dell`ordinanza che la rigetta non incontra alcuna preclusione nella mancata impugnazione dell`ordinanza cautelare nei termini previsti dall`art. 309, comma primo e 311, comma secondo, cod. proc. pen.: il che non significa che il giudice possa replicare a tempo indeterminato (sollecitato da una piu` o meno lunga serie di richieste di revoca) l`esame di quegli stessi atti vagliati in precedenza e, in particolare, al momento dell`emissione del provvedimento cautelare (con cio` sottraendo al giudice del riesame la sua naturale funzione e confondendo l`ambito della revoca con quello del riesame).  Questo effetto parzialmente preclusivo e`, invero, connaturato allo stesso sistema di impugnazioni che, per sua natura, e` diretto in modo specifico ad ottenere da un giudice collegiale sopraordinato un controllo sulle condizioni di legittimita` e di merito della disposta misura; per cui, qualora questo controllo sia stato effettuato, le relative pronunzie non possono non spiegare un`efficacia preclusiva allo stato degli atti, in ordine alle questioni trattate, per evidenti ragioni di economia processuale, che giustificano l`estensione analogica ai procedimenti "de libertate" del principio del "ne bis in idem" di cui all`art. 649 cod. proc. pen., sia pure in termini piu` modesti, perche` tale preclusione non copre anche le questioni deducibili, ma solo quelle dedotte, sia in forma esplicita, sia in forma implicita, intendendosi per queste ultime le questioni che, quantunque non enunciate in modo specifico, integrano il presupposto logico di quelle dedotte.    conforme:

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