Il falso di un assegno bancario, pur presentando alcune differenze rispetto all'assegno circolare, integra il reato di cui agli artt. 485 e 491 c.p. in quanto il titolo è equiparato all'atto pubblico e la sua difformità dal vero non risulta ictu oculi riconoscibile da una persona dotata di comuni conoscenze, configurandosi pertanto il reato di falso e non il reato impossibile di cui all'art. 49 c.p. La giurisprudenza di legittimità è consolidata nell'affermare che gli assegni bancari, in quanto titoli trasmissibili per girata o al portatore, sono equiparati agli atti pubblici e pertanto rientrano nella tutela penale rafforzata di cui all'art. 491 c.p., a differenza del caso particolare della falsificazione di un assegno bancario munito di girata "per l'incasso", che ha natura di semplice mandato a riscuotere e non effetti traslativi del diritto inerente al titolo. Inoltre, il giudizio di fatto sulla riconoscibilità ictu oculi della difformità dell'atto dal vero, effettuato dal giudice di merito, è esente da vizi logico-giuridici e non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità.