Il diritto di cronaca, quale causa di giustificazione della diffamazione, è subordinato al rispetto di tre condizioni essenziali: la verità oggettiva della notizia pubblicata, l'interesse pubblico alla sua conoscenza e la correttezza formale dell'esposizione. Pertanto, la divulgazione di notizie lesive dell'onore e della reputazione di una persona può essere considerata lecita solo se il giornalista ha previamente verificato l'attendibilità delle fonti e la veridicità sostanziale dei fatti, senza incorrere in inesattezze o omissioni idonee ad aggravarne la valenza diffamatoria. In mancanza di tali presupposti, la mera correttezza formale dell'articolo giornalistico non è sufficiente ad escludere la natura diffamatoria delle informazioni riportate, potendo al più incidere sulla minore gravità della lesione e sulla quantificazione del danno risarcibile. Inoltre, la lesione dell'onore e della reputazione, in quanto diritti della persona costituzionalmente garantiti, comporta il risarcimento del danno non patrimoniale, a prescindere dalla circostanza che il fatto illecito integri o meno gli estremi di un reato. Infine, l'interpretazione e la valutazione dei mezzi di prova offerti dalle parti, ivi compresa l'ammissibilità di eventuali testimonianze, rientrano nell'esclusiva competenza del giudice di merito, la cui motivazione è incensurabile in sede di legittimità se logica e coerente.