Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 29997 del 27 agosto 2002

ECLI:IT:CASS:2002:29997PEN

Massima

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Il dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, elemento soggettivo del reato di abuso d'ufficio di cui all'art. 323 c.p., deve essere provato dall'accusa e non può essere ritenuto in re ipsa. L'assoluta mancanza di motivazione sul punto da parte del giudice di merito si risolve nella violazione di legge sostanziale, non essendo provati gli elementi costitutivi del reato. Pertanto, in assenza di prova del dolo specifico, il fatto non costituisce reato ai sensi dell'art. 129, comma 1, c.p.p. Il giudice di merito non può farsi acriticamente propri i motivi di impugnazione del pubblico ministero, senza sottoporli ad uno specifico esame e ad un vaglio approfondito circa la loro fondatezza con riferimento agli argomenti posti a sostegno della decisione impugnata. L'obbligo di motivazione delle sentenze, previsto a pena di nullità dall'art. 125 c.p.p., non può considerarsi assolto dal giudice con un mero rinvio ai motivi di gravame, senza una propria autonoma valutazione. Inoltre, l'incongruenza di esporre se stesso, attraverso i controlli disposti, al rischio della propria incriminazione nella consapevolezza di avere agito illegalmente, evidenzia l'assenza del dolo specifico in capo all'imputato che ha dato inizio ai suddetti controlli. Analogamente, per il coimputato impiegato d'ordine, del tutto estraneo agli interessi economici e politici coinvolti, non può ritenersi provato il dolo specifico richiesto dalla fattispecie di reato. In conclusione, in assenza di prova del dolo specifico di procurare un ingiusto vantaggio patrimoniale, il fatto non costituisce reato e la sentenza di condanna deve essere annullata senza rinvio ai sensi dell'art. 129, comma 1, c.p.p.

Sentenza completa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d'appello di Milano con sentenza 27.9.2000, in riforma della sentenza 12.10.1998 del gip Tribunale di Monza che assolveva gli imputati perché il fatto non costituisce reato, condannava C. L. e D. A. per il reato di cui all'art. 323 c.p. alla pena di mesi 3 di reclusione ciascuno (convertita in lire 6.750.000 di multa).
Al C., quale impiegato addetto all'Ufficio commercio del Comune di Muggiò, e al D., quale assessore al commercio dello stesso Comune, si addebita di avere autorizzato con atto 3.12.1996, nonostante il mancato nulla-osta regionale, il raddoppio della superficie di vendita della C. L. r.l.
Il giorno successivo al rilascio dell'autorizzazione il comandante della polizia municipale veniva interpellato telefonicamente da due funzionari comunali per conoscere quali fossero le sanzioni nel caso di ampliamento della superficie di vendita di un esercizio comunale senza autorizzazione. Lo stesso giorno l'asses…

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