Il provvedimento di dichiarazione di interesse culturale di un immobile, adottato ai sensi degli artt. 10, comma 3, lett. a) e 13 del d.lgs. n. 42/2004, è espressione di un ampio potere discrezionale dell'amministrazione preposta alla tutela del patrimonio culturale, sindacabile in sede giurisdizionale solo per profili di manifesta illogicità, irragionevolezza o travisamento dei presupposti di fatto. L'amministrazione non è tenuta a una puntuale confutazione di tutte le deduzioni di parte, essendo sufficiente che dalla motivazione si evinca il complessivo esame delle osservazioni presentate e le ragioni del loro mancato accoglimento. La valutazione dell'interesse culturale di un bene può fondarsi sull'esigenza di preservare un'oggettiva testimonianza materiale di civiltà e il legame tra il cespite e la storia del territorio, anche in presenza di un precario stato di conservazione, purché ne siano salvaguardate le caratteristiche tipologiche e strutturali essenziali. Il giudizio di rilevanza culturale, connotato da ampi margini di opinabilità tecnico-scientifica, è sindacabile solo per macroscopiche irragionevolezze o illogicità, senza che il giudice possa sostituire la propria valutazione alternativa a quella dell'amministrazione.