La compartecipazione associativa di un soggetto a un'organizzazione criminale di tipo mafioso può essere provata sulla base di un compendio probatorio costituito da intercettazioni telefoniche e conversazioni tra presenti, nonché dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, anche se risalenti nel tempo, purché univoche e reciprocamente corroboranti. La permanenza della condotta delittuosa può essere desunta dalla circostanza che l'indagato, nel corso delle conversazioni intercettate, dimostri la propria intraneità all'associazione criminale, discutendo di temi e accadimenti afferenti alle dinamiche interne della stessa, anche laddove assuma un ruolo più defilato rispetto al passato. Le dichiarazioni di reità rese dai collaboratori di giustizia, pur non essendo assistite da riscontri diretti da parte di altre fonti, possono comunque essere ritenute idonee a fondare il giudizio di responsabilità, purché siano adeguatamente motivate le ragioni per le quali il giudice le ha ritenute attendibili e prive di contraddizioni o lacune, in assenza di elementi che ne inficino la credibilità.