Il condannato per il reato di sequestro di persona a scopo di estorsione, pur essendo stato originariamente condannato alla pena di 30 anni di reclusione, può essere ammesso alla liberazione condizionale anche in assenza di collaborazione con la giustizia, purché dimostri l'adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l'assoluta impossibilità di tale adempimento, e alleghi elementi specifici che consentano di escludere l'attualità di collegamenti con la criminalità organizzata e con il contesto nel quale il reato è stato commesso. L'autorità giudiziaria, nel valutare la richiesta di liberazione condizionale, deve acquisire il parere del pubblico ministero della condanna e del Procuratore nazionale antimafia, nonché dettagliate informazioni sul perdurare dell'operatività del sodalizio di appartenenza e del contesto criminale del reato, sul profilo criminale del detenuto e sulla sua posizione nell'associazione, su eventuali nuove imputazioni, misure cautelari o di prevenzione, su eventuali rilievi disciplinari durante la detenzione, e deve accertare la sussistenza di iniziative dell'interessato a favore delle vittime, indicando specificamente le ragioni della decisione tenuto conto dei pareri acquisiti. La nuova disciplina, che ha innovato la regolamentazione dell'accesso ai benefici penitenziari in senso favorevole per il condannato, incidendo sull'espiazione della pena in libertà e mutando in termini significativi il carattere afflittivo della pena, trova applicazione anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della normativa.