Il Comune, nell'esercizio del proprio potere di pianificazione urbanistica, può legittimamente prevedere limiti all'insediamento di strutture di vendita medio-grandi del settore alimentare in determinate aree, qualora tali limitazioni siano motivate da esigenze di tutela dell'ambiente urbano e di razionale assetto del territorio, come la necessità di garantire adeguata dotazione di parcheggi, aree per carico/scarico merci e standard urbanistici, nonché di contenere l'impatto sulla viabilità e l'accessibilità. Tali limitazioni, se rispondenti a tali finalità di interesse pubblico e proporzionate agli obiettivi perseguiti, non sono incompatibili con i principi di liberalizzazione del mercato dei servizi sanciti dalla normativa europea e nazionale, in quanto rientrano tra i "motivi imperativi di interesse generale" che possono giustificare restrizioni alla libertà di stabilimento. Il Comune, pertanto, non è tenuto ad adeguare i propri strumenti urbanistici alle sopravvenute disposizioni di liberalizzazione, qualora le limitazioni da esso introdotte siano fondate su esigenze di natura urbanistica e non su finalità di regolazione autoritativa dell'offerta di mercato.