Il ricorso per revocazione avverso una sentenza della Corte di Cassazione è inammissibile, in quanto l'ipotesi di cui all'art. 395, n. 5, c.p.c. è esclusa dalla previsione degli artt. 391-bis e ter c.p.c. Il principio di diritto affermato dalla Corte Suprema è che il rimedio straordinario della revocazione non è esperibile avverso le pronunce della Corte di Cassazione, in quanto il sistema impugnatorio delineato dal legislatore non contempla tale possibilità. Tale orientamento si fonda sulla natura della Corte di Cassazione quale giudice di legittimità, la cui funzione è quella di assicurare l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, nonché l'unità del diritto oggettivo nazionale. Pertanto, le sue decisioni, una volta divenute definitive, non possono essere rimesse in discussione attraverso il rimedio straordinario della revocazione, il quale è invece previsto per le sole sentenze pronunciate dai giudici di merito. Ciò al fine di garantire la stabilità e l'intangibilità del giudicato di legittimità, a tutela dell'affidamento dei consociati e della certezza del diritto. Il ricorrente, inoltre, è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione, in applicazione della normativa vigente.