Il Consiglio di Stato, in linea con il proprio orientamento giurisprudenziale consolidato, afferma che il giudice amministrativo, nell'esercizio della propria funzione di tutela giurisdizionale, è tenuto a valutare la legittimità dell'azione amministrativa sulla base di un sindacato di merito circoscritto agli elementi di illegittimità dedotti in giudizio, senza poter sostituire la propria valutazione discrezionale a quella dell'amministrazione, salvo i casi in cui l'atto impugnato risulti affetto da vizi di eccesso di potere, irragionevolezza o manifesta illogicità. Il principio di separazione dei poteri impone, infatti, che il giudice amministrativo si astenga dall'ingerirsi nell'esercizio della discrezionalità amministrativa, limitandosi a verificare la correttezza formale e sostanziale dell'azione della pubblica amministrazione, senza poter sindacare nel merito le scelte operate, purché queste siano sorrette da adeguata motivazione e non risultino viziati da palesi irragionevolezze o illogicità. Il giudice, pertanto, non può sostituire la propria valutazione a quella dell'amministrazione, se non nei casi in cui l'atto impugnato risulti affetto da vizi di eccesso di potere, irragionevolezza o manifesta illogicità, dovendo limitarsi a verificare la legittimità dell'azione amministrativa sulla base degli elementi di illegittimità dedotti in giudizio.