Il reato di maltrattamenti in famiglia di cui all'art. 572 c.p. sussiste quando l'imputato pone in essere un sistema di vessazioni e sofferenze morali abituale e continuativo ai danni della persona offesa, anche se costituito da fatti occasionali ed estemporanei di percosse e ingiurie collegati ad alterchi tra coniugi, purché idonei a cagionare gravi e continuative sofferenze morali tali da rendere intollerabile la convivenza coniugale. La valutazione della attendibilità della persona offesa, in assenza di specifici elementi di dubbio, non è sindacabile in sede di legittimità, essendo rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, il quale può fondare il proprio convincimento anche sulle dichiarazioni di altri testimoni, come nel caso di specie quelle della figlia della persona offesa. La contestazione dei fatti all'imputato e la sua possibilità di adeguata difesa escludono la violazione dell'art. 521 c.p.p. sulla correlazione tra accusa e sentenza, anche laddove vi siano lievi difformità tra la formulazione dell'originario capo di imputazione e la condanna.