Il giudice, nell'esercizio del potere di correzione degli errori materiali contenuti nei provvedimenti giurisdizionali, è tenuto a verificare la sussistenza dell'errore e a procedere alla sua rettifica, anche d'ufficio, al fine di assicurare la correttezza formale e sostanziale degli atti processuali, a tutela del principio di legalità e del diritto di difesa delle parti. L'errore materiale, quale mera svista o refuso, non incide sulla validità e sull'efficacia del provvedimento, ma deve essere prontamente corretto per garantire la certezza e l'univocità degli atti giudiziari. Il potere di correzione, che può essere esercitato anche in sede di legittimità, rappresenta uno strumento essenziale per assicurare l'integrità e la conformità degli atti processuali alla realtà fattuale, senza alterarne il contenuto dispositivo o decisorio. Tale potere, pertanto, si configura come un dovere del giudice, volto a preservare l'affidabilità e l'attendibilità della documentazione giudiziaria, a tutela dei diritti e degli interessi delle parti coinvolte nel procedimento.