Il comportamento gravemente scorretto di alcuni membri del Consiglio Superiore della Magistratura, che hanno tenuto una riunione in luogo diverso dalla sede consiliare con soggetti estranei alle funzioni consiliari per influenzare in modo occulto l'attività della Quinta Commissione e le nomine di uffici direttivi giudiziari, integra illeciti disciplinari di violazione dei doveri di correttezza, equilibrio e riservatezza. Tali condotte, dirette a condizionare l'esercizio di funzioni costituzionalmente previste, gettano discredito sull'ordine giudiziario e incidono negativamente sulla fiducia e considerazione di cui il magistrato deve godere. Il Consiglio Superiore della Magistratura, quale organo di autogoverno della magistratura, è tenuto a preservare la propria autonomia valutativa e decisionale, evitando ingerenze esterne e comportamenti che possano comprometterne l'imparzialità e l'indipendenza. I membri del Consiglio Superiore della Magistratura, in quanto magistrati eletti, hanno il dovere di mantenere una condotta irreprensibile, sia nell'esercizio delle funzioni consiliari che nella vita privata, al fine di tutelare il prestigio e la credibilità dell'ordine giudiziario. L'inosservanza di tali doveri, specie quando posta in essere in modo sistematico e grave, costituisce illecito disciplinare sanzionabile, a garanzia del corretto funzionamento dell'amministrazione della giustizia e della fiducia dei cittadini nell'operato della magistratura.