Il reato di furto si configura quando l'agente sottrae una cosa mobile altrui, con la consapevolezza della sua appartenenza a terzi, a prescindere dalle condizioni di abbandono o degrado del luogo in cui essa si trova custodita. Ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, è sufficiente che l'agente abbia avuto la consapevolezza che la cosa non gli appartenesse, senza che rilevi la sua convinzione circa l'effettivo stato di abbandono o di degrado del bene sottratto. Pertanto, il furto è integrato anche quando la cosa mobile sia stata asportata da un luogo che, pur presentando segni di incuria o di danneggiamento, risulti comunque chiuso e non liberamente accessibile al pubblico, essendo ancora suscettibile di un apprezzabile valore economico. Il giudice di merito, nell'esercizio del suo potere di libero apprezzamento della prova, può ritenere provata la sussistenza dell'elemento psicologico del reato sulla base di una valutazione complessiva degli elementi di fatto emersi nel processo, senza che la difesa possa pretendere una rivalutazione delle risultanze istruttorie in sede di legittimità, atteso che tale operazione è preclusa al giudice di cassazione.