La tutela del paesaggio, in quanto valore primario e assoluto riconosciuto dalla Costituzione, comporta che le valutazioni in materia pianificatoria e paesaggistica siano espressione di un ampio potere discrezionale tecnico-amministrativo dell'autorità competente, sindacabile dal giudice amministrativo solo nei limitati casi di errori di fatto, abnormi illogicità o manifesta irrazionalità. Pertanto, le scelte operate dall'amministrazione in sede di adozione o modifica di strumenti di pianificazione paesaggistica, come il piano paesaggistico comunale, non possono essere censurate dal giudice per ragioni attinenti al merito, ma solo per vizi di legittimità estrinseca, quali la carenza di motivazione o l'eccesso di potere. Inoltre, la tutela degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali presenti in aree protette, come i siti Natura 2000, costituisce un ulteriore limite all'esercizio del potere pianificatorio, imponendo all'amministrazione di evitare interventi che possano determinare un peggioramento o una perturbazione di tali ambienti. Infine, la ricostruzione storica e documentale operata dall'amministrazione in merito alla legittimità di manufatti esistenti, come i pontili, è sindacabile solo in presenza di palesi errori o illogicità, non potendo il giudice sostituire la propria valutazione a quella dell'autorità competente sulla base di elementi probatori incompleti o lacunosi.