Il termine di impugnazione di trenta giorni previsto dall'art. 120, comma 5, del Codice del processo amministrativo, decorrente dalla conoscenza dell'atto lesivo, costituisce un termine perentorio il cui mancato rispetto comporta l'irricevibilità del ricorso. Tale termine non può essere derogato in ragione della natura dell'atto impugnato o della complessità della vicenda, essendo finalizzato a garantire la certezza dei rapporti giuridici e la stabilità delle procedure di evidenza pubblica. L'inosservanza del termine di impugnazione, pertanto, determina l'inammissibilità del ricorso, a prescindere dalla fondatezza delle censure dedotte, in quanto la tempestività della proposizione del gravame costituisce un presupposto processuale indefettibile per l'esame del merito. Il rispetto del termine di decadenza per l'impugnazione degli atti di una procedura di evidenza pubblica, infatti, risponde all'esigenza di assicurare la celerità e l'efficienza dell'azione amministrativa, nonché la stabilità delle relative determinazioni, evitando che la pendenza di un contenzioso possa paralizzare o ritardare l'esecuzione di un provvedimento amministrativo. Pertanto, il mancato rispetto del termine di impugnazione, fissato a pena di decadenza, comporta l'irricevibilità del ricorso, indipendentemente dalla fondatezza delle censure dedotte.