Il falso ideologico commesso da un notaio nell'attestare falsamente la data di conferimento di una procura speciale irrevocabile, al fine di retrodatare il passaggio di proprietà di beni mobili registrati, integra il reato di falso in atto pubblico, anche se la legge non richiede più l'autentica notarile per il trasferimento di tali beni. Tale condotta non può essere considerata "falso innocuo", in quanto mira a costituire a favore dell'indagato un titolo di acquisto risalente a un momento anteriore, al fine di poterlo opporre alla procedura fallimentare. Inoltre, la falsità non era ictu oculi riconoscibile, essendo stata accertata solo grazie a puntuali indagini. Le condotte di formazione della falsa procura e di annotazione nel registro notarile costituiscono autonome fattispecie penalmente rilevanti, non meri atti prodromici alla successiva trascrizione al PRA, essendo espressione di un medesimo disegno criminoso. Il consenso dell'avente diritto non scrimina tali condotte, in quanto le norme che puniscono i falsi in atto pubblico tutelano anche l'interesse dei terzi nel cui interesse l'atto è redatto. Infine, il funzionario del PRA che procede alla registrazione dell'atto di compravendita, anche se accompagnato dalla falsa procura, riveste la qualifica di pubblico ufficiale ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 483 c.p.