Il giudice, nell'esercizio del potere discrezionale conferitogli dall'art. 116 c.p.p., può legittimamente negare il rilascio di copia degli atti di indagine richiesti dalla persona sottoposta a procedimento penale, allorché ritenga prevalente l'esigenza di tutelare il diritto alla riservatezza di terzi coinvolti in altri procedimenti ancora in fase di indagine, rispetto all'interesse del richiedente a verificare la correttezza procedurale delle intercettazioni e la conformità tra quanto riportato nei brogliacci e quanto effettivamente registrato. Tale diniego, pur essendo manifestazione di un legittimo potere, non può essere qualificato come atto abnorme e, pertanto, non è autonomamente impugnabile con ricorso per cassazione, in quanto non si pone al di fuori dell'ordinamento processuale né determina una stasi del procedimento. Inoltre, in un procedimento conclusosi con l'archiviazione, la richiesta di copia degli atti non risulta funzionale alla tutela del diritto di difesa dell'indagato, potendo piuttosto essere diretta a verificare questioni estranee all'oggetto del procedimento.