Il silenzio serbato dalla pubblica amministrazione sull'istanza di condono edilizio presentata dal privato non determina automaticamente il conseguimento della concessione in sanatoria per silenzio-assenso, atteso che l'amministrazione conserva il potere di provvedere espressamente sul merito della richiesta, anche in un momento successivo, senza che ciò comporti la decadenza del relativo potere. Pertanto, il provvedimento di rigetto dell'istanza di condono, adottato dall'amministrazione in corso di causa, rende improcedibile il ricorso proposto dal privato per ottenere la declaratoria del conseguimento della concessione in sanatoria per silenzio-assenso, in ragione della sopravvenuta carenza di interesse. Tale principio trova applicazione anche laddove l'amministrazione abbia omesso di pronunciarsi sull'istanza di condono entro il termine previsto dalla legge, non essendo il silenzio-assenso un effetto automatico e inderogabile, ma subordinato alla mancata adozione di un provvedimento espresso di rigetto. Inoltre, il privato non può invocare il conseguimento della concessione in sanatoria per silenzio-assenso qualora la documentazione prodotta a corredo dell'istanza di condono risulti incompleta, non essendo in tal caso integrati i presupposti per il perfezionamento del silenzio-assenso.