Cassazione penale Sez. II sentenza n. 26859 del 1 luglio 2009

ECLI:IT:CASS:2009:26859PEN

Massima

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Il reato di estorsione si configura quando l'agente, mediante minaccia o violenza, costringe la vittima a compiere un atto di disposizione patrimoniale, anche se questo non si concretizza nella cessione di un'attività commerciale, ma in una rinuncia all'esercizio della stessa. Ai fini della sussistenza del reato, non è necessario che l'agente ottenga il risultato finale voluto, essendo sufficiente che la condotta minacciosa abbia determinato la vittima a rinunciare all'attività, indipendentemente dal fatto che questa sia stata effettivamente ceduta. La mancata quantificazione del profitto illecito non esclude l'applicabilità dell'attenuante della particolare tenuità del danno patrimoniale, qualora risulti comunque provata l'esiguità del vantaggio economico perseguito dall'agente. L'appello del pubblico ministero, anche se generico, non determina l'inammissibilità del gravame, qualora la motivazione della sentenza di appello abbia comunque adeguatamente esaminato i motivi di impugnazione proposti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAGANO Filiberto - Presidente

Dott. CASUCCI Giuliano - Consigliere

Dott. DE CRESCIENZO Ugo - Consigliere

Dott. MANNA Antonio - Consigliere

Dott. RAGO Geppino - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1) VI. SA. N. IL (OMESSO);

avverso SENTENZA del 28/03/2006 CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CASUCCI GIULIANO;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 28 marzo 2006, la Corte d' Appello di Napoli, 1 sezione penale, in parzial…

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