Il reato di riduzione in schiavitù o servitù si configura anche in assenza di una totale privazione della libertà personale della vittima, essendo sufficiente una significativa compromissione della sua capacità di autodeterminazione. Ai fini della sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, è sufficiente la consapevolezza dell'agente dello stato di soggezione in cui versano le vittime, anche se derivante da un inganno o da un rito praticato nei loro confronti in precedenza, senza che sia necessaria la prova di una condotta minacciosa diretta verso di loro. Il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina non è assorbito dai più gravi delitti di tratta di persone o di riduzione in schiavitù, in quanto tutelano beni giuridici diversi. Nell'esclusione delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a considerare prevalente anche un solo elemento tra quelli indicati dall'art. 133 c.p., senza necessità di un'analitica valutazione di tutti i fattori, purché la motivazione sia logica e non contraddittoria.