Il conferimento di quote societarie in una società, da parte di alcuni soci, non integra una violazione del diritto di prelazione previsto dallo statuto sociale, in quanto tale operazione non rientra nelle ipotesi di "trasferimento" o "cessione" di quote contemplate dalla clausola di prelazione. La prelazione convenzionale, infatti, presuppone un negozio di scambio a titolo oneroso, con individuazione di un corrispettivo in denaro, mentre il conferimento di quote in una società comporta l'acquisto della qualità di socio in capo al conferitario, senza che vi sia una diretta controprestazione in denaro da parte di quest'ultimo. Pertanto, la clausola di prelazione non trova applicazione in tale ipotesi, in quanto il conferimento di quote non realizza una fattispecie di alienazione onerosa, ma piuttosto un meccanismo negoziale di riorganizzazione delle partecipazioni sociali. Tale interpretazione è coerente con i principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di prelazione legale, che escludono l'applicazione di tali diritti nei casi di conferimento di beni in società, in assenza di un corrispettivo in denaro. Inoltre, la volontà delle parti, desumibile dalla complessiva disciplina statutaria, orienta verso un regime di ampia circolabilità delle quote, con la prelazione configurata come eccezione procedimentalizzata per le sole ipotesi di cessione a titolo oneroso, non estensibile per analogia ad operazioni diverse come il conferimento.