La cessazione della materia del contendere determina l'improcedibilità del ricorso quando l'operato successivo della pubblica amministrazione si rivela integralmente satisfattivo dell'interesse azionato dal ricorrente, realizzando la piena eliminazione dal mondo giuridico degli atti impugnati. Tale istituto, disciplinato dall'art. 35 del codice del processo amministrativo, si differenzia dalla sopravvenuta carenza di interesse in quanto in questo caso il nuovo provvedimento non soddisfa integralmente il ricorrente, determinando una nuova valutazione dell'assetto del rapporto tra la pubblica amministrazione e l'amministrato. Pertanto, la cessazione della materia del contendere comporta l'annullamento senza rinvio della sentenza di primo grado e la compensazione integrale delle spese del doppio grado di giudizio, in applicazione dell'art. 23, comma 7, della legge n. 1034 del 1971, ora confluito nell'art. 35 del codice del processo amministrativo. Tale istituto trova applicazione quando l'ulteriore attività provvedimentale della pubblica amministrazione, intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso, abbia integralmente soddisfatto la pretesa del ricorrente, eliminando gli effetti degli atti impugnati e realizzando la piena tutela dell'interesse azionato.