Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia che affermano in modo generico l'appartenenza di un soggetto ad un'associazione di stampo mafioso sono idonee a configurare i gravi indizi di colpevolezza necessari per l'emissione di una misura cautelare solo quando almeno una di esse indichi specifici atti o comportamenti che, pur non necessariamente aventi autonoma rilevanza penale, siano comunque indicativi del consapevole apporto dell'accusato al perseguimento degli interessi della consorteria. Tali dichiarazioni devono trovare adeguati riscontri esterni, desumibili da altri elementi di prova, che cristallizzino in modo inequivoco il contesto associativo cui ricondurre la condotta contestata. La mera frequentazione di altri soggetti ritenuti appartenenti all'associazione o precedenti di polizia non sono di per sé sufficienti a integrare i necessari riscontri esterni, in assenza di una motivazione puntuale che evidenzi il nesso tra tali elementi e il ruolo specifico svolto dall'indagato nell'ambito dell'associazione.