Il provvedimento amministrativo di revoca di una licenza di pubblica sicurezza per l'esercizio di un'attività commerciale, adottato sulla base di una condanna penale di primo grado successivamente riformata in appello con assoluzione dell'interessato, è illegittimo per difetto di motivazione e travisamento dei fatti. L'amministrazione, nel valutare i presupposti per il rilascio e il mantenimento di autorizzazioni di pubblica sicurezza, gode di un ampio potere discrezionale, che può essere esercitato anche in relazione alla pendenza di procedimenti penali o di prevenzione a carico del beneficiario. Tuttavia, una volta accertata l'insussistenza dei fatti addebitati all'interessato all'esito del giudizio penale di appello, l'amministrazione è tenuta a rivalutare la posizione dello stesso, senza poter far riferimento a meri sospetti o a procedimenti penali per fatti diversi da quelli originariamente posti a fondamento del provvedimento di revoca. Il venir meno dei presupposti che avevano giustificato l'adozione del provvedimento di divieto di prosecuzione dell'attività commerciale comporta l'illegittimità del provvedimento stesso e del rigetto del ricorso gerarchico, in assenza di ulteriori addebiti, anche non penalmente rilevanti, a carico dell'interessato.