Il diritto di critica politica non può essere invocato per giustificare espressioni offensive e diffamatorie che trascendono i limiti della continenza e pertinenza, configurando il reato di diffamazione. Affinché l'esimente dell'esercizio del diritto di critica sia applicabile, il discorso deve avere un contenuto prevalentemente valutativo e svilupparsi nell'ambito di una polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale, senza degenerare in attacchi personali finalizzati unicamente ad aggredire la sfera morale altrui. La valutazione del superamento di tali limiti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui motivazione in proposito non è censurabile in sede di legittimità, salvo vizi logici o travisamenti della prova. Inoltre, il giudice di appello gode di ampia discrezionalità nell'ammissione delle prove richieste dalla difesa, senza che la mancata acquisizione di documentazione possa integrare un vizio di legittimità della sentenza, ove non sia stata dedotta la decisività della prova stessa.