Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La ricusazione del giudice da parte della parte processuale è ammessa esclusivamente nei casi tassativamente previsti dall'art. 37 c.p.p., con riferimento alle ipotesi di astensione di cui all'art. 36 c.p.p., comma 1, lettere a), b), c), d), e), f) e g). L'inimicizia grave tra il giudice e il difensore, pur potendo costituire grave ragione di convenienza per l'astensione del giudice ex art. 36, comma 1, lett. h) c.p.p., non rientra tra i motivi di ricusazione di cui all'art. 37 c.p.p., in quanto le norme sulla ricusazione, in quanto eccezionali, non ammettono un'interpretazione analogica tale da ricomprendere anche i difensori, non espressamente menzionati dalla legge. La diversa possibilità di interferenza dannosa derivante dal rapporto di inimicizia ed ostilità tra giudice e difensore trova adeguata tutela nella previsione dell'obbligo di astensione del giudice ex art. 36 c.p.p., comma 1, lett. f), con le conseguenti ripercussioni disciplinari o penali in caso di inosservanza. Pertanto, l'errore del giudice nel non astenersi, nonostante la sussistenza di gravi ragioni di convenienza, non legittima la parte a proporre ricusazione, ma può eventualmente dar luogo a responsabilità del magistrato.