Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 11468 del 25 marzo 2010

ECLI:IT:CASS:2010:11468PEN

Massima

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Il divieto di reformatio in peius, principio fondamentale del diritto processuale penale, impone che il giudice di appello non possa aggravare la posizione dell'imputato rispetto alla sentenza di primo grado, sia nel risultato finale della pena inflitta, sia nelle singole determinazioni che concorrono a formarla. Pertanto, il giudice di secondo grado, nel rideterminare la pena, deve partire dalla misura stabilita in primo grado, senza poter aumentare il punto di partenza, pena la violazione del divieto di reformatio in peius. Tale principio trova applicazione anche nel caso in cui la pena finale risulti comunque inferiore a quella originariamente comminata, essendo sufficiente che il giudice di appello abbia adottato una pena base superiore a quella di primo grado per integrare la violazione del divieto. Ciò al fine di garantire il rispetto del principio di parità delle parti e del giusto processo, assicurando che l'imputato non subisca un aggravio della propria posizione per effetto dell'impugnazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGINIO Adolfo - Presidente

Dott. AGRO' Antonio S. - Consigliere

Dott. CORTESE Arturo - Consigliere

Dott. MATERA Lina - Consigliere

Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Al. St. ;

contro la sentenza 23 febbraio 2009 della Corte d'Appello di Venezia;

Udita la relazione del Consigliere Dott. AGRO' ((omissis));

Udito il P.G. Dott. STABILE Carmine che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d'Appello di Venezia riduceva a otto mesi di reclusione la pena inflitta a Al. St. …

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