Cassazione penale Sez. V sentenza n. 19334 del 22 maggio 2012

ECLI:IT:CASS:2012:19334PEN

Massima

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Il dolo del reato di falsità ideologica del privato in atto pubblico di cui all'art. 483 c.p. sussiste quando l'agente, pur consapevole dell'obbligo di dichiarare il vero, omette volontariamente di indicare un reddito effettivamente percepito, anche di modesta entità, in quanto tale omissione incide sulle modalità di calcolo del beneficio pubblico richiesto, a nulla rilevando l'assenza di un concreto interesse a conseguire indebitamente il contributo. Pertanto, la mera negligenza o leggerezza nell'adempimento del dovere di veridicità non è sufficiente ad escludere il dolo del reato, essendo necessario che la falsità sia il risultato di un errore scusabile dell'agente. Inoltre, il termine di prescrizione del reato decorre anche durante i periodi di sospensione del procedimento disposti per l'adesione del difensore all'astensione dalle udienze indetta dall'associazione forense di appartenenza.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRASSI Aldo - Presidente

Dott. SAVANI Piero - Consigliere

Dott. BRUNO Paolo Antonio - Consigliere

Dott. SABEONE Gerardo - Consigliere

Dott. PISTORELLI Luca - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 30/06/2009 della Corte d'Appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;

udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. GALASSO Aurelio, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;

udito per l&…

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